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Mi chiamo Andrea Costa e sono nato il 17 aprile 1991 a Napoli. Ho deciso di aprire questo spaces, per condividere i libri che leggo, magari commentarli anche. Vorrei tanti lettori, in modo da far da poter scambiare opinioni e migliorare dal punto di vista intellettuale.

Lettori fissi

28/08/09

Agatha Christie

Forse mi sarò dimenticato, forse non ci ho pensato prima ma non ho scritto un approfondimento sulla giallista del XX secolo. Sicuramente tutti la conoscete vero? Lei è Aghtatha Cristie. La famosa giallista. Questo è tutto quello che sono riuscito a prendere ed aprprodire.

Dame Agatha Mary Clarissa Miller, Lady Mallowan, nota come Agatha Christie (Torquay, 15 settembre 1890 – Wallingford, 12 gennaio 1976), fu una scrittrice britannica. Tra le sue opere si annoverano, oltre ai romanzi gialli che la hanno resa celebre, anche alcuni romanzi rosa scritti con lo pseudonimo di Mary Westmacott.

Giallista di fama mondiale, curò sempre i suoi romanzi con grande abilità, creando un’atmosfera intrigante attraverso personaggi ed ambienti di facile riconoscibilità: descrizioni accurate, senso della suspense, ambientazioni realistiche dettagliate, personaggi mai privi di spessore o di caratterizzazione. I suoi personaggi maggiori sono famosi in tutto il mondo: tra questi i più celebri, protagonisti di buona parte della sua produzione letteraria, sono l’investigatore belga Hercule Poirot e la simpatica vecchietta, nonché intrigante indagatrice, Miss Marple.

Ancora oggi i suoi romanzi sono pubblicati con successo in tutto il mondo. È la scrittrice inglese più tradotta, anche più di Shakespeare. Nella lingua originale i suoi libri sono stati venduti in un miliardo di copie e in egual numero in almeno quarantacinque lingue differenti.

Agatha cresce in una famiglia borghese e, curiosamente, non frequenta nessuna scuola ma viene istruita dalla madre, Clara Boehmer, donna della buona società, dalla nonna e dalle governanti di casa. Il padre, Fred Miller, agente di cambio americano, muore nel 1901; Agatha trascorrerà l’adolescenza tra lo studio e la vita di società all’interno della famiglia.

Nel frattempo si appassiona alla musica e, nel 1906, va a Parigi per studiare canto: vuole diventare una cantante lirica, ma gli studi non le danno molte soddisfazioni, probabilmente a causa della sua scarsa attitudine al canto, e decide così di tornare in Inghilterra. Conosce Archibald Christie, colonnello della Royal Flying Corps, con cui si fidanza.

Durante la prima guerra mondiale, Agatha lavora presso l’ospedale di Torquay, e lì impara molto sui veleni e sui medicinali, cosa che le tornerà molto utile quando, ispirata da queste conoscenze, deciderà di scrivere romanzi gialli stimolata anche da una sorta di scommessa che aveva fatto con sua sorella la quale riteneva che non sarebbe riuscita a diventare una scrittrice di detective story. Il 24 dicembre 1914 si sposa con Archibald con una cerimonia semplice e da questo matrimonio nascerà nel 1919 la sua unica figlia, Rosalind.

In pieno conflitto mondiale inizia a scrivere il suo primo romanzo, The Mysterious Affair at Styles (Poirot a Styles Court), che ha come ambientazione la prima guerra mondiale ma che verrà però pubblicato solo successivamente, nel 1920. L’ispirazione di inventare un personaggio da romanzo giallo venne alla Christie, oltre che dalla sua conoscenza sui veleni appresa al dispensario, dalla lettura dei libri che i degenti, rispediti al fronte, lasciavano in ospedale: libri che davano vita a personaggi ricchi di suggestione come l’Arsenio Lupin di Maurice Leblanc o il giornalista-investigatore Joseph Rouletabille, uscito dalla penna di Gaston Leroux. Le venne così l’idea di inventare a sua volta un personaggio che fosse abile come lo Sherlock Holmes di Conan Doyle ma che non lo imitasse troppo da vicino, sia nell’aspetto che nella conduzione delle indagini.

Con un finanziamento del British Museum nel 1923 parte insieme al marito per un viaggio intorno al mondo; nello stesso anno firma un contratto con la rivista “Sketch” per scrivere dodici romanzi che abbiano come protagonista Hercule Poirot.

Nel 1926 la vita della Christie è scossa da due eventi per certi versi traumatizzanti: muore sua madre e suo marito chiede il divorzio. Agatha improvvisamente scompare dalla sua casa, vagabondando in stato di amnesia (qualcuno però malignerà che potrebbe essersi trattato di una montatura pubblicitaria); il caso desta grande scalpore e dopo una decina di giorni Agatha, che viene ritrovata ad Harrogate, località termale dell’Inghilterra settentrionale, dove soggiornava in un albergo del posto registrata con il nome dell’amante del marito, non sa dare alcuna spiegazione al riguardo. Il suo biografo nel 2001 ha riscoperto un documento, secondo il quale la Christie scappò e si nascose nell’hotel dove venne poi ritrovata, nella speranza che il marito Archie venisse incolpato dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere della moglie; il tutto fatto perché Archie la tradiva con la sua segretaria.

Sempre nel 1926 parte per le isole Canarie con la figlia Rosalind. Dopo il divorzio Agatha conserverà comunque il cognome del marito, ma solo per ragioni commerciali.

Nei tre anni successivi scrive romanzi considerati di valore letterario inferiore rispetto alle opere a cui doveva il successo; poi, durante un viaggio in treno verso Bagdad, ha l’ispirazione per scrivere Assassinio sull’Orient Express, considerato il suo capolavoro. Lo stesso viaggio le fece conoscere l’archeologo Max Mallowan, di molti anni più giovane, che sposerà poco tempo dopo (1930). Nell’hotel Pera Palace di Istanbul, la stanza in cui la Christie aveva alloggiato per qualche tempo durante il suo viaggio a Oriente è stata trasformata in un piccolo museo di cimeli e ricordi della scrittrice.

La Christie inizia anche a scrivere in quell’anno La morte nel villaggio, il suo primo romanzo che ha come protagonista Miss Marple, una vecchietta tranquilla e dotata di buon senso, che vive nel paese apparentemente tranquillo di St. Mary Mead, fragile di aspetto ma esperta di criminologia e natura umana, che alterna l’attività investigativa allo sferruzzare a maglia. Pare che la Christie abbia preso a modello per la figura di Miss Marple la sua stessa nonna.

Nel 1949 si scopre che era l’autrice non solo di gialli ma, sotto lo pseudonimo di Mary Westmacott, anche di altri romanzi biografici e sentimentali che però ebbero molta minor fortuna della serie gialla.

Dal 1952 viene ininterrottamente rappresentata in un teatro londinese una sua commedia, The Mousetrap (Trappola per topi), tratta dalla raccolta Three Blind Mice and Other Stories. La Christie ha scritto altri diciassette lavori teatrali.

Nel 1975, in prossimità del Natale, esce l’ultimo romanzo che ha come protagonista Hercule Poirot (Sipario); infatti in quel romanzo Agatha decide di far morire il famoso investigatore. La notizia della morte di Poirot era peraltro apparsa sulla prima pagina del Times il 6 agosto dello stesso anno.

La famosa scrittrice inglese invece muore il 12 gennaio 1976 a Willingford nella sua casa di campagna; verrà sepolta nel cimitero di Cholsey nello Oxfordshire. Nella sua stessa tomba due anni dopo verrà tumulata anche la salma del marito. In vita Agatha Christie ha guadagnato più di 20 milioni di sterline.

Gialli

  • 1920 The Mysterious Affair at Styles (Poirot a Styles Court, in cui appaiono Hercule Poirot, il Capitano Arthur Hastings e l’Ispettore Capo Japp)
  • 1922 The Secret Adversary (Avversario segreto, in cui appare la coppia Tommy e Tuppence)
  • 1923 Murder on the Links (Aiuto, Poirot!)
  • 1924 The Man in the Brown Suit (L’uomo vestito di marrone)
  • 1925 The Secret of Chimneys (Il segreto di Chimneys)
  • 1925 Poirot Investigates (Poirot indaga)
  • 1926 The Murder of Roger Ackroyd (L’assassinio di Roger Ackroyd tradotto anche come Dalle nove alle dieci)
  • 1927 The Big Four (Poirot e i quattro)
  • 1928 The Mystery of the Blue Train (Il mistero del treno azzurro)
  • 1929 Black Coffee ( finito nell’estate del 1929, scritto come commedia teatrale con principale carattere in H.Poirot viene pubblicato nel 1998 da Harper Collins Publisher , su autorizzazione di Agatha Christie Ltd. società che controlla i diritti delle sue opere, circa vent’anni dopo la morte di Agatha e per suggerimento di Charles Osborne, attore di teatro che piu’ volte aveva interpretato la parte del Dr. Carelli in Black Coffee (Fonte HarperCollins – Londra )
  • 1929 The Seven Dials Mystery (I sette quadranti)
  • 1929 Partners in crime (Tommy e Tuppence: in due s’indaga meglio)
  • 1930 The Murder at the Vicarage (La morte nel villaggio o Omicidio su misura, in cui appare per la prima volta Miss Jane Marple)
  • 1930 The Mysterious Mr Quin (Il misterioso signor Quin appare Mister Harley Quin)
  • 1930 The Thirteen Problems (Miss Marple e i tredici problemi)
  • 1931 The Sittaford Mystery (Un messaggio dagli spiriti)
  • 1932 Peril at End House (Il pericolo senza nome)
  • 1933 The Hound of Death (Il segugio della morte, dodici racconti in cui si cimenta col mondo degli spiriti, di cui era un’appassionata seguace)
  • 1933 Lord Edgware Dies (Se morisse mio marito)
  • 1934 Murder on the Orient Express (Assassinio sull’Orient-Express)
  • 1934 Parker Pyne investigates (Parker Pyne indaga, dodici racconti gialli brevi)
  • 1934 The Listerdale mystery (Il mistero di lord Listerdale e altre storie, dodici racconti gialli brevi)
  • 1935 Three Act Tragedy (Tragedia in tre atti)
  • 1935 Why didn’t they ask Evans? (Perché non l’hanno chiesto a Evans?)
  • 1935 Death in the Clouds (Delitto in cielo)
  • 1936 The A.B.C. Murders (La serie infernale)
  • 1936 Murder in Mesopotamia (Non c’è più scampo)
  • 1936 Cards on the Table (Carte in tavola)
  • 1937 Death on the Nile (Poirot sul Nilo)
  • 1937 Dumb Witness (Due mesi dopo)
  • 1937 Murder in the Mews (Quattro casi per Hercule Poirot)
  • 1938 Appointment with Death (Appuntamento con la morte o anche La domatrice)
  • 1939 And Then There Were None, pubblicato inizialmente come Ten Little Niggers e noto anche come Ten Little Indians (Dieci piccoli indiani oppure …e poi non rimase nessuno.)
  • 1939 Murder is Easy (È troppo facile)
  • 1939 Hercule Poirot’s Christmas (Il Natale di Poirot)
  • 1939 The Regatta Mystery and Other Stories (In tre contro il delitto)
  • 1940 Sad Cypress (La parola alla difesa)
  • 1941 Evil under the Sun (Corpi al sole)
  • 1941 N or M? (Quinta colonna)
  • 1941 One, Two, Buckle My Shoe (Poirot non sbaglia)
  • 1942 The Body in the Library (C’è un cadavere in biblioteca)
  • 1942 Five Little Pigs (Il ritratto di Elsa Greer)
  • 1942 The Moving Finger (Il terrore viene per posta)
  • 1944 Towards Zero (Verso l’ora zero)
  • 1944 Sparkling Cyanide (Giorno dei morti)
  • 1945 Death comes as the End (C’era una volta)
  • 1946 The Hollow (Poirot e la salma)
  • 1947 The Labours of Hercules (Le fatiche di Hercule, dodici racconti brevi con Hercule Poirot)
  • 1948 Taken at the Flood (titolo negli USA, There is a Tide) (Alla deriva)
  • 1949 Crooked House (È un problema)
  • 1950 A Murder is Announced (Un delitto avrà luogo)
  • 1950 Three Blind Mice and Other Stories (Tre topolini ciechi e altre storie, nove racconti brevi di cui alcuni con protagonisti Miss Marple ed Hercule Poirot)
  • 1951 They came to Baghdad (Il mondo è in pericolo)
  • 1952 Mrs McGinty’s Dead (Fermate il boia)
  • 1952 They do it with Mirrors (Miss Marple: giochi di prestigio)
  • 1953 A Pocketful of Rye (Polvere negli occhi)
  • 1953 After the Funeral (Dopo le esequie)
  • 1955 Hickory Dickory Dock (Poirot si annoia)
  • 1955 Destination Unknown (Destinazione ignota)
  • 1956 Dead Man’s Folly (La sagra del delitto)
  • 1957 4:50 from Paddington (Istantanea di un delitto)
  • 1957 Ordeal by Innocence (Le due verità)
  • 1959 Cat Among the Pigeons (Macabro quiz)
  • 1961 The Pale Horse (Un cavallo per la strega)
  • 1961 Double Sin (Appuntamento con la paura)
  • 1962 The Mirror Crack’d from Side to Side (Silenzio: si uccide o anche Assassinio allo specchio)
  • 1963 The Clocks (Sfida a Poirot)
  • 1964 A Caribbean Mystery (Miss Marple nei Caraibi)
  • 1965 At Bertram’s Hotel (Miss Marple al Bertram Hotel)
  • 1966 Third Girl (Sono un’assassina?)
  • 1967 Endless Night (Nella mia fine il mio principio)
  • 1968 By the Pricking of my Thumbs (Sento i pollici che prudono)
  • 1969 Hallowe’en Party (Poirot e la strage degli innocenti)
  • 1970 Passenger to Frankfurt (Passeggero per Francoforte)
  • 1971 Nemesis (Miss Marple: Nemesi)
  • 1972 Elephants Can Remember (Gli elefanti hanno buona memoria)
  • 1973 Postern of Fate (Le porte di Damasco)
  • 1974 Poirot’s Early Cases (I primi casi di Poirot diciotto brevi storie del mistero)
  • 1975 Curtain, the last case of Poirot (Sipario, l’ultimo caso di Poirot, scritto quattro decadi prima)
  • 1976 Sleeping Murder (Addio Miss Marple, l’ultimo caso di Miss Marple, scritto quattro decadi prima)
  • 1977 While the light lasts (La casa dei sogni, raccolta di racconti pubblicati in un unico volume per la prima volta)

07/08/09

Cocktail letale

Come lo si capisce dal titolo, è un libro giallo. Questo libro è di Jessica Fletcher non so se avete mai sentito nominare questo nome. Quella simpatica signora che dove ci sta lei muore sempre qualcuno. Di solito, per chi la conosce, sa che appena arriva lei in un posto muore qualcuno o qualcuna a seconda dei casi. Questa volta non è andata così. Lei è andata ad un funerale a Key West nel sud della Florida. Da come descrive lei la città se potessi andarci ci andrei subito senza nemmeno preparare la valigia. Per motivi che non dipendono da me, devo rimanere qua a Napoli. Secondo tutti la sua amica, è morta di cause naturali dovute ad un eccesso di caffeina. C'è da dire che, lei soffriva di cuore e quindi è morta con un infarto acuto del mio cardio. Sinceramente, ho visto sull'enciclopedia, ma neanche io ho capito che sarebbe. Il miocardio, da quanto ho capito, è un muscolo del cuore. Quando vanno a controllare la borsetta della vittima, trovano delle pillole blue. Attenzione però queste pillole non sono viagra come qualcuno può pensare, ma semplici pillole dimagranti. Il suo medico personale, che guarda caso è amico della signora Fletcher trova strano questo fatto. Chiedono un po' in giro e nessuno dichiara che Portia la vittima, prenda queste pillole. Ovviamente la signora in giallo invece di godersi la vacanza si mette ad indagare su chi potesse essere l'assassino. C'è da dire che, tra varie e approfondite descrizioni si riesce a scoprire chi sia stato l'assassino. Non per essere cattivo, ma io anche se so visto che ho letto il libro, chi è l'assissino non ve lo posso dire altrimenti a chi piace leggere i gialli, si rovina la sorpresa. Per esempio c'è da dire che tra gli amici stavamo parlando di Agatha Cristie non so se la conoscete, be' un mio amico, di nome Lorenzo ha letto il libro "dieci piccoli indiani" ma non volendo mi ha detto anche la fine. Adesso anche se lo possiedo come libreria personale non ci trovo nessuno interesse a leggerlo perchè già so la fine. Io ci sono rimasto davvero male lo devo ammettere e non vorrei che lo rimaniate anche voi quindi non vi dico chi è il colpevole. Devo dire che il libro, è scritto davvero scorrevole e facile da leggere. Io in quindici giorni l'ho finito di leggere. Ne ho comprato un altro che, vi posso anticipare e sempre giallo. Me lo porterò per le vacanze e lo leggerò li.
Quindi vi saluto e vi aguro buone vacanze a tutti.

31/07/09

L’ultimo García Márquez, o letteratura d’evasione

Preceduto dalla solita pletora di recensioni previe, ecco il nuovo libro.
Il tam tam era iniziato almeno un anno prima. Inviati si erano per tempo recati a Bogotà per interrogare "amici e familiari". Poi il libro esce e quello stesso giorno, o qualche giorno prima, per la critica, unanime, Gabriel García Márquez, "maestro absoluto", "è tornato ad offrire un'altra espressione memorabile delle sue eccezionali doti di affabulatore". Esaltano i recensori “la suprema obiettività del grande scrittore", "la potenza con la quale si narrano i momenti più sinistri", che "non arriva ad occultare il lirismo delicato, commovente". Per loro non solo "lo stile dell'autore fiammeggia splendente, segnato come sempre da una poetica radicale" ma anzi, l’opera si segnala per la "visibile ricerca della sobrietà".
La rassegna di opinioni qui brevemente riassunta è del tutto corrispondente all’accoglienza riservata a Vivere per raccontarla. Eppure è falsa. Invece di rifarci a pagine uscite nell’ultimo mese, abbiamo riportato citazioni, del tutto identiche, riservate nel 1994 al romanzo Del amor y otros demonios. (Gabriel García Márquez, Del amor y otros demonios, Barcelona, Mondadori, 1994. Ed. it.: Dell'amore e di altri demoni, trad. di Angelo Morino, Milano, Mondadori, 1994. Per non fare torto a nessun recensore italiano, la fonte è spagnola: Miguel García-Posada, "Amor y posesiones. La nueva y magistral novela de García Márquez", El País, Madrid, 23 aprile 1994).
Un autore settantenne a corto di ispirazione si mette a scrivere una torrenziale autobiografia. Esce il primo volume che copre i primi trenta anni di vita. Sono novecento pagine, ridotte per fortuna da un pietoso ma insufficiente lavoro di editing a poco più di cinquecento. A sostegno del libro, prima della sua uscita, esce un mare di recensioni. Tutto normale.
Ma resta la domanda. Perché i libri di García Márquez sono – come si legge invariabilmente ad ogni nuova uscita, con una formula che è stucchevole citazione di un titolo dello stesso autore – ‘successi annunciati’. Perché questa unanime apologetica accoglienza, del tutto ingiustificata se si guarda alla qualità dell’opera. E come può essere che questo autore sia giudicato il più alto della seconda metà del ventesimo secolo?
Alla domanda rispondiamo in questo modo: tutta colpa, o merito, dell’establishment editoriale. Il pubblico, i lettori, sono innocenti, o succubi di un gioco giocato a loro danno.
Innanzitutto, García Márquez piace al ‘recensore normale’. García Márquez non pone problemi, non comporta rischi. Con lui non si hanno sorprese. Si è certi di poter fare un ricco pezzo, non smascherabile, anche senza aver perso tempo a leggere le pletoriche pagine di ogni nuovo libro.
Perché da troppi anni i libri di García Márquez sono tutti uguali. Per le sue opere vale l’opinione con la quale, secondo Borges, il critico Paul Groussac accoglieva le nuove edizioni del Diccionario de la Real Academia: ognuna fa rimpiangere le precedenti. Nella memoria del lettore i libri, mere ripetizioni l’uno dell’altro, si confondono. Ogni opera apparendo citazione, o rimasticatura della precedente. Perciò la recensione non pone problemi. Si sa cosa scrivere.
Chiunque sa imbastire quattro frasi parlando del mondo magico e meraviglioso di Macondo, che sulle carte geografiche è Aracataca. E fa sempre piacere al recensore ricordare la facile storia del figlio del telegrafista che apprende a narrare ascoltando le storie raccontate dalla nonna. Lo scrittore che è un inveterato sognatore ma che è anche impegnato politicamente. Da lì è facile il passaggio all’America Latina, il Tropico, i Cairaibi, i ritmi del bolero e della salsa, sole a picco e tramonti dagli incredibili colori, treni dalle piccole carrozze rosse che si immergono nel verde, bus colorati. (Per questa via, ci può scappare anche l’ennesimo reportage, l’ennesimo viaggio di un giornalista a Cartagena, e lungo il rio Magdalena).
Oltretutto, il recensore si sentirà gratificato, rendendosi contro di essere in grado di maneggiare lo stesso stile del celebrato autore di cui presenta l’opera. Perché lo stile è codificato, ben identificato, ma facilmente imitabile.
Ciò che scrive García Márquez è indistinguibile da ciò che scrivono i suoi recensori, ciò che scrive un recensore è indistinguibile da ciò che scrive ogni altro recensore. Leggete questa frase: Vivir para contarla “è una lotta con l’acido della nostalgia e con l’ossido del tempo, per restituire in otto capitoli magistrali una peripezia affascinante”. Non vi dico chi ha scritto la frase, perché è inutile. È evidente che avrebbe potuto scriverla lo stesso García Márquez, che da decenni incensa e imita se stesso. Ma avrebbe potuto scriverla anche qualsiasi eccelso critico, e anche qualsiasi giornalista. Scrivere come un Premio Nobel, come il miglior autore contemporaneo, che soddisfazione! E via dunque con le recensioni.
Ma naturalmente, l’incredibile successo di García Márquez non nasce solo dal piacere del recensore. C’è di più.
Per l’industria editoriale globale intesa nel suo complesso, García Márquez è, e si conferma con maggior fulgore ad ogni nuova stagione, l’autore ideale.
Perché nessuno come García Márquez offre la merce letteraria più facile da vendere: letteratura d’evasione. Tratta di temi esotici, di un mondo lontano (non importa se inesistente) nel quale è bello immaginare di poter fuggire. Un mondo che sostiene e rinforza il mercato del viaggio organizzato: villaggi vacanza, facile turismo. Ma García Márquez offre, ed in questo non ha concorrenti, anche l’evasione politica. Solo lui porta con sé l’immaginario di una stagione politica di facili utopie rivoluzionarie, rimanda all’icona del Che Guevara, solo lui propone oggi una lettura decente della figura di Fidel Castro.
E ancora. García Márquez è l’autore ideale perché dietro ogni libro è sempre ben presente il personaggio. Un personaggio particolarmente facile da vendere. Ostenta le sue idee di sinistra, e un machismo tutto latinoamericano, ma si sa che non c’è motivo di temerlo. Le sue contraddizioni fanno di lui una pedina manovrabile. Se ne era venuto in Europa negli anni cinquanta solo perché alcune cronache giornalistiche l’avevano reso inviso alla dittatura di Rojas Pinilla. Negli anni sessanta lascia New York, dove era per conto dell’agenzia castrista Prensa Latina, quando ancora sembra che lo sbarco alla Baia dei Porci sia un successo. Annuncia solennemente che non scriverà più un romanzo fino alla caduta di Pinochet, ma poi cambia idea e pubblica L’amore ai tempi del colera. Negli anni ottanta lascia precipitosamente la Colombia perché teme di essere interrogato dalla polizia che indaga sul gruppo guerrigliero M-19. E quando ormai è un mostro sacro minaccia ancora a più riprese di lasciare il proprio paese a causa di attacchi alla libertà di pensiero, che sono invece al massimo attacchi all’entità dei suo diritti d’autore.
Nessuno è come lui. Solo García Márquez si scaglia contro il Premio Nobel, bollandolo come “alloro senile”, e però l’anno dopo, avendolo vinto lui, senza pudore va a ritirarlo.
Fa comodo a tutti questo autore che produce merce così facile, merce più piacevole da leggere di quella prodotta da una Allende o di un Baricco. È il Maradona della letteratura; come Maradona virtuoso, dotato di una maestria ingenua, di una innata abilità di giocoliere del linguaggio – ma uomo debole, ricattabile. Fa comodo a tutti questa voce standard del Terzo Mondo latinoamericano. Fa comodo il personaggio non all’altezza del nostro stile e della nostra raffinatezza. Mentre lo incensiamo, in fondo ridiamo di lui. E facendolo ricco lo sfruttiamo, costringendolo in un ruolo, arricchendoci alle sue spalle.
Eppure dovremmo avere più rispetto di questo autore. Cent’anni di solitudine e l’Autunno del Patriarca restano capolavori. Ma i capolavori si salvano se si evita l’ipocrita, generalizzata apologia. Se si separa l’opera dalle mollezze e dalla decadenza del personaggio-autore. Invece, all’industria editoriale serve pompare il personaggio, valorizzare qualsiasi sua opera. Perciò si persegue l’operazione di livellare tutto in basso. Acciocché nuovi libri siano venduti, l’imitazione del capolavoro, scritta alla maniera di Márquez dallo stesso Márquez, deve apparire agli occhi del lettore indistinguibile dai testi di Márquez veramente dotati di valore.
C’è in aggiunta, naturalmente, un ulteriore effetto nefasto. L’enorme spazio attribuito a García Márquez offusca l’immagine dell’intera letteratura ispanoamericana. Autori di straordinario rilievo – Lezama Lima, Rulfo, Onetti, ma è penoso doversi limitare a citare solo qualche nome – sono pressoché dimenticati. Giovani autori interessanti sono del tutto ignorati. Mentre godono di una qualche luce riflessa, e quindi di un immeritato credito, gli autori che nella loro pochezza si avvicinano allo stereotipo marqueziano. È il caso di Luis Sepúlveda

28/07/09

Il giallo mondadori festaggia 80 anni

NOVARA, 27 LUG 2009 - Compie 80 anni la collana editoriale che ha impresso il proprio nome ad un intero genere letterario. Già, perchè se in Italia - e solo in Italia - riferendosi ad un romanzo poliziesco si parla di “giallo”, lo si deve proprio a questa fortunatissima serie di libri dalla copertina color giallo, inaugurata nel lontano 1929 dall’editore Mondadori.

La collana nacque per iniziativa di Lorenzo Montano e trovò terreno fertile nella visione imprenditoriale di Arnoldo Mondadori, il fondatore della casa editrice di Segrate, all’epoca intenzionato ad ampliare il suo catalogo con una robusta iniezione di autori stranieri.

Fu così che nel 1929 uscì il primo volume della collana: si trattava di un romanzo di S.S. Van Dine dal titolo “La strana morte del signor Benson”. Questa prima serie dei gialli Mondadori si chiamava “I libri Gialli” e durò fino al 1941. Dopo la sospensione delle pubblicazioni decisa dal Miniculpop tra il 1941 e il 1945, la collana riprese con rinnovato slancio nell’aprile del 1946 con il titolo di “I Gialli Mondadori” , successivamente trasformato in “Il Giallo Mondadori”. La scelta dell’edicola quale canale disributivo, compiuta nell’immediato dopoguerra, ne facilitò la diffusione presso il grande pubblico e presso tutti gli strati sociali.
Ad oggi si contano quasi 3000 numeri della sola collana iniziata nel 1946; a questi vanno aggiunti i 266 numeri pubblicati tra il 1929 e il 1941, più i tantissimi volumi dati alle stampe per conto dei vari supplementi e collane parallele che si sono succeduti nel corso degli anni.

Tratto distintivo di tutti i gialli Mondadori fin dal numero 1 di quel lontano 1929: il colore giallo delle copertine. Grazie ad esso, si diffuse l’abitudine di designare come “giallo” ogni romanzo di genere poliziesco. Un neologismo che ben presto diventò di uso comune.
Agatha Christie divenne nota in Italia grazie ai gialli Mondadori

Agatha Christie divenne nota in Italia grazie ai gialli Mondadori

Tutti i più grandi scrittori della golden age del genere poliziesco sono stati lanciati sul mercato italiano dai gialli Mondadori: da Agatha Christie a Ellery Queen, da Rex Stout a John Dickson Carr, da Erle Stanley Gardner a Cornell Woolrich, da Raymond Chandler a James Hadley Chase, solo per citarne alcuni.

Tra i direttori della collana, meritano una menzione speciale Alberto Tedeschi, il più longevo, che la guidò dal dopoguerra alla fine degli anni settanta, e Oreste del Buono, uno dei più grandi specialisti italiani nel campo della letteratura popolare, che la diresse negli anni ottanta. Attualmente i gialli Mondadori sono affidati alle cure di uno scrittore-editor del calibro di Sergio Altieri.

Per celebrare in modo adeguato gli 80 anni di vita della collana, la Mondadori ha deciso di pubblicare in libreria, nella collana Oscar, alcuni dei titoli che hanno fatto la storia dei gialli Mondadori. Si tratta di 8 volumi, con l’immancabile cover color giallo, in edizione speciale a tiratura limitata, in vendita al prezzo di 9 euro ciascuno.
I titoli e gli autori selezionati sono autentici capisaldi della letteratura di genere. Eccone l’elenco.
- I 39 SCALINI di JOHN BUCHAN (John Buchan)
- ASSASSINIO SULL’ORIENT EXPRESS (Agatha Christie)
- IL MASTINO DEI BASKERVILLE (Arthur Conan Doyle)
- IL FALCO MALTESE (Dashiell Hammett)
- IL GATTO DALLE MOLTE CODE (Ellery Queen)
- NERO WOLFE CONTRO L’FBI (Rex Stout)
- LA LEGGE DEI QUATTRO (Edgar Wallace)
- LA SPOSA IN NERO (Cornell Woolrich)
Se ve li foste persi, è l’occasione giusta per rimediare.


25/07/09

I libri bruciati da Hitler

Tutto doveva esser fatto rapidamente, con la velocità del vento. L´ordine perentorio di bruciare gli scritti di autori ebrei «in occasione della vergognosa campagna diffamatoria del mondo ebraico contro la Germania», non proveniva da Goebbels o da Hitler, ma dal novello ufficio stampa e propaganda dell´associazione studentesca tedesca che in meno di un mese, dal 12 aprile al 10 maggio del 1933, organizzò alacremente e sistematicamente il rogo dei libri proibiti non solo a Berlino ma in ogni città universitaria della Germania. Gli studenti dovevano innanzitutto «ripulire» i propri scaffali, quelli di parenti e conoscenti e poi quelli di tutte le librerie possibili; il rogo sulle pubbliche piazze doveva essere reclamizzato e promosso a dovere, possibilmente con testi di propaganda «contro il distruttivo spirito ebraico» redatti da scrittori compiacenti. Non mancava nemmeno una sorta di manifesto studentesco con 12 tesi aberranti tra cui quella che recitava: «L´ebreo che scrive in tedesco, mente».
Ed infine ecco le fiamme alte 10, 12 metri che la notte di mercoledì 10 maggio illuminarono l´Opernplatz a Berlino, gremita di folla che assisteva allo spettacolo. E nessuno che protestava. C´era Goebbels attorniato dalle SA in soprabito chiaro che contemplò a lungo l´incendio e poi annunciò «la fine dell´epoca di un eccessivo intellettualismo ebreo». Erich Kaestner vide i suoi libri gettati alle fiamme mentre qualcuno faceva il suo nome e urlava «contro la decadenza e il degrado morale!» e che da allora, da beniamino del pubblico divenne «persona non gradita». Kaestner fu uno dei pochi scrittori della lista nera che rimase in patria come «cronista», forse perché gli mancava il coraggio di emigrare. Altri si tolsero la vita o vennero uccisi in un lager, oppure andarono all´estero, il più delle volte senza mezzi e senza possibilità di pubblicare le loro opere. E quando dopo la fine della guerra tornarono in patria, non trovarono la Germania di prima, non si sentirono più «a casa»: il pubblico li aveva irrimediabilmente dimenticati.
Eppure nella Repubblica di Weimar avevano tutti goduto di una notevole notorietà. Ernst Glaeser, ad esempio, con Classe 1902, un ritratto della sua generazione ancor oggi più che godibile, aveva suscitato l´entusiasmo di Hemingway; Edlef Koeppen era diventato notissimo nel ‘28 con il suo romanzo Bollettino di guerra; un certo seguito lo avevano avuto anche gli anarchici ribelli come Rudolf Geist che scrisse migliaia di pagine e alla fine andò di porta in porta a vendere cartoline con le sue poesie; c´erano i comunisti «di cuore», senza la tessera di partito ma sempre dalla parte dei deboli e degli oppressi come Oskar Maria Graf o come Egon Erwin Kisch, straordinario reporter e corrispondente di guerra che andò in esilio in Messico e morì nel ‘48; grande risonanza avevano avuto i cronisti della cultura ebraica in Germania come Georg Hermann, ucciso a Auschwitz nel ‘43 e biografi di talento come Franz Blei, re dei caffè viennesi, autore di quel Bestiarum Literaricum definito da Kafka «la letteratura mondiale in mutande».
La loro storia e quella di tutti i 94 scrittori tedeschi i cui libri furono dati alle fiamme 75 anni fa, assieme a quelli di 37 autori stranieri, sono raccontate in un libro prezioso, per molti versi stupefacente: Il libro dei libri bruciati (Volker Weidermann: Das Buch der verbrannten Buecher, ed. Kiepenheuer & Witsch, pagg. 255) Stupefacente perché l´appassionata e appassionante ricerca fatta dall´autore del volume su internet e nelle librerie antiquarie ha portato alla scoperta di opere di notevole valore da allora dimenticate a causa del rogo dei libri. Prezioso perché contiene le storie inedite, spesso tragiche e inquietanti di tutti gli intellettuali perseguitati dal regime nazista e perché rende giustizia agli scrittori dimenticati o ignorati ai quali viene dato molto più spazio che a quelli celebri. Senza questo libro l´obiettivo dei nazisti di cancellare per sempre dalla memoria i nomi di tanti autori ebrei sarebbe stato quasi raggiunto, osserva giustamente l´autore del libro nella sua introduzione.
«Non si faccia illusioni. L´inferno è al governo», scrisse Josef Roth già nel febbraio del ‘33 all´amico Stefan Zweig che faticava a credere di essere diventato uno degli scrittori più odiati in Germania. I suoi libri erano stati dati alle fiamme assieme a quelli di Werfel, di Schnitzel, di Wassermann, di Klaus Mann, ma lui, lo scrittore di lingua tedesca più letto nel mondo, era convinto di essere stato scambiato con Arnold Zweig, comunista militante odiato dal regime. Cercò compromessi, sperò che la follia collettiva avesse termine rapidamente. Roth al contrario aveva capito immediatamente che la loro vita professionale e materiale era annientata. Alla fine entrambi andarono in esilio e entrambi vi persero la vita: Roth morì in un ospedale di Parigi nel ‘39, Zweig tre anni dopo si tolse la vita in Brasile.
Coinvolgenti e di estremo interesse sono le storie di tutti gli scrittori sinora dimenticati a causa del rogo: sconcertante quella di Armin T. Wegner che dopo la guerra era stato dato per morto e che invece visse sino al 1978 a Positano dove si era trasferito nel ‘36. Autore di un avventuroso e fascinoso libro di viaggi, Al crocevia dei mondi del 1930, moralista e nemico della guerra, scrisse nell´aprile del ‘33 una lettera aperta a Hitler in cui con incredibile ingenuità spiegava al Führer perché la Germania avesse bisogno degli ebrei e perché gli ebrei amassero tanto la Germania. In realtà non aveva nessuna voglia di lasciare la sua patria: «Andar via è come morire» ripeteva. Ma la Gestapo lo mise in carcere, lo torturò, lo mandò nel lager di Oranienburg da dove riuscì a fuggire. A Positano stava ogni giorno alla scrivania davanti a una pila di fogli bianchi. Non riuscì mai più a scrivere un rigo.
Con il grandioso romanzo satirico Solneman l´invisibile del 1914, tenuto in gran conto da Thomas Mann, lo scrittore Alexander Moritz Frey riscosse il suo primo grande successo; ebbe però per sua disgrazia, anche un altro ammiratore, Adolf Hitler, suo compagno di reggimento nella prima guerra mondiale. Il futuro Führer mostrava molto interesse per le sue opere e cercò inutilmente di mettersi in contatto con lui, ma Frey lo evitava accuratamente: lui era rigorosamente contro ogni odio di razza, contro ogni fanatismo, contro i militari. «Voglio, voglio, voglio dire la verità, voglio dire: i militari e la guerra sono la più ridicola, vergognosa, stupida cattiveria del mondo», afferma alla fine del racconto delle sue esperienze di guerra, uscito nel ‘29 e giudicato dai critici addirittura superiore al celebre All´ovest niente di nuovo di Remarque. Nel ‘33 le SA gli distrussero casa e Frey lasciò la Germania senza soldi, senza la possibilità di pubblicare i suoi lavori, senza più cittadinanza; in Svizzera trovò il sostegno e l´aiuto di Thomas Mann. Morì a Basilea nel 1957, povero e dimenticato.
Certamente il più fortunato di tutti fu Erich Maria Remarque. La notte del rogo lui, che si trovava al sicuro in Ticino, sentì per radio, con lo scrittore Emil Ludwig, il crepitio delle fiamme e i discorsi esaltati dei gerarchi nazisti. Era stato uno dei primi a emigrare: il 29 gennaio, alla vigilia della presa di potere di Hitler, aveva fatto una corsa non stop, a bordo della sua Lancia, da Berlino a Porto Ronco. Sapeva bene di essere il nemico numero uno dei nazisti a causa del suo celeberrimo romanzo che prometteva «la verità sulla guerra». All´ovest niente di nuovo - il libro tedesco di maggior successo del XX secolo, 20 milioni di copie vendute, da cui trassero il film - , dopo aver dato adito a una serie di infiammati dibattiti, era stato boicottato in tutti i modi dai nazisti: parlava di miseria infinita, di noia, di mancanza di senso della prima guerra mondiale, della morte ben poco eroica dei soldati. Un libro più che pericoloso per i seguaci di Hitler che non riuscirono a impedirne lo strepitoso successo.
Remarque scelse il silenzio, si dichiarò estraneo alla politica, ma intanto continuava a scrivere sul destino degli emigranti e sui campi di concentramento anche durante il suo leggendario soggiorno negli Stati Uniti dove divenne uno degli scrittori e sceneggiatori più amati dagli americani. Nonostante questo, chi legge i suoi diari scopre un uomo irrimediabilmente depresso e pieno di paure. Paura della scrivania, del lavoro, della solitudine.